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LE NOSTRE RICERCHE

Flavio Lucchesi
Italiani d'Australia

L'emigrazione valtellinese nel Nuovissimo Continente dalle origini ai giorni nostri

Avere in mano il testo definitivo del bellissimo libro - mi piace dirlo - di Flavio Lucchesi  non è soltanto una grande soddisfazione personale, ma anche un notevole successo per la ricerca sul tema dell'emigrazione contemporanea, e non solo di quella italiana o valtellinese: il volume conclude infatti un lungo e peculiare percorso di studio, ma anche di formazione scientifica, di Flavio Lucchesi, il quale, anche attraverso l'indagine sui Valtellinesi d'Australia ha costruito, con pazienza ma soprattutto con sapienza e acume, una profonda e certo rara, almeno fra i geografi, competenza su un tema rilevantissimo come quello dell'emigrazione italiana transoceanica (nella fattispecie, valtellinese in Australia, della quale esistevano testimonianze interessanti, talora toccanti, ma sparse e incoerenti). Tale studio risulta infatti esemplare e forse unico nel panorama disciplinare sotto diversi aspetti, come cercherò di illustrare in questa presentazione. Lo studio nasce, infatti, dal grande interesse personale del Lucchesi per l'Australia, testimoniato già dalla tesi di laurea del 1979 concernente l'immagine dell'Italia formatosi nella cultura australiana, elaborata con approfondite indagini in loco e condotta in porto brillantemente sia nel metodo che nel merito; tale interesse si è incontrato, all'inizio degli anni Novanta, con la volontà degli Enti Pubblici (in particolare l'Amministrazione Provinciale di Sondrio, il Comune di Tirano e la Comunità Montana della Valtellina di Tirano) e del Museo Etnografico Tiranese di approfondire le ricerche sull'emigrazione valtellinese in genere, ma in specie su quella verso l'Australia, che proprio nel circondario di Tirano aveva trovato, fin dalla metà dell'Ottocento, il suo fulcro, il suo bacino, per così dire, di prelievo demografico.

Rivendico a me stesso - se mi è consentito farlo, dati i risultati conseguiti - il merito di avere invitato l'allora giovane e brillante studioso ad occuparsi dei flussi migratori adduani in quel lontano continente, proponendo ai lungimiranti promotori dell'iniziativa di studio di affidargli l'incarico perchè iniziasse a dissodare un campo al quale soltanto allora alcuni valenti studiosi australiani (fra cui non si può dimenticare la compianta Jacqueline Templeton e Richard Bosworth, ma anche gli italiani colà residenti o naturalizzati, come Giuseppe-Joseph Gentilli, Gianfranco Cresciani, Piero Genovesi) avevano cominciato a mettere mano.
La disponibilità delle istituzioni sopra nominate e in particolare l'impegno indefesso del Presidente del Museo Etnografico Tiranese e funzionario dell'Assessorato all'emigrazione della Provincia di Sondrio, Bruno Ciapponi Landi, vero snodo cruciale, per non dire deus ex machina della situazione, ché se ne avrebbe a male  a dargli fiducia e a finanziare le ricerche stesse con le proprie non floride risorse, e con tutte le difficoltà che la ricerca sempre incontra, ha prodotto un insieme di circostanze virtuoso che ci ha condotto, infine, a licenziare con grande soddisfazione e legittimo orgoglio il volume in questione: soddisfazione e orgoglio non solo dell'Autore, com'è ovvio, ma anche di chi tale studio ha voluto, promosso, seguito passo passo.

Non mi dilungherò in questa sede nel dare conto dei molteplici e approfonditi contenuti dello studio, dal momento che i lettori l'hanno già fra le mani e li possono valutare da sè; neppure voglio qui esprimere soltanto un parere professionale ex post, a lavoro concluso, ma piuttosto riandare - sommariamente, com'è necessario - dalla genesi agli esiti finali della lunga indagine passando attraverso le varie fasi che l'hanno caratterizzata: l'ho seguita infatti fin dai primi passi, assistendo - anche tramite di essa - al percorso di formazione di un allora giovane ricercatore giunto, anche attraverso questi studi, alla piena maturità scientifica e alla posizione di studioso e docente di geografia presso l'Università di Milano grandemente apprezzato in Italia e all'estero. Anzi, proprio il progressivo approfondimento delle tematiche teorico-metodologiche concernenti l'emigrazione e la loro applicazione e verifica empirica nel caso dei flussi valtellinesi verso l'Australia, ha consentito a Flavio Lucchesi di raggiungere una competenza specifica che gli ha permesso di partecipare a numerosi congressi e convegni sul tema in Italia e all'estero, producendo una nutrita bibliografia in italiano e in inglese, fino alla pubblicazione del fortunato e interessantissimo volume Cammina per me, Elsie. L'epopea di un italiano emigrato in Australia (Milano, 2002, poi tradotto in inglese come Walk for me, Elsie. The epic of an Italian immigrant to Australia, Melbourne, 2007) che costituisce, attraverso la ricostruzione delle vicende di un emigrante nella prima metà del Novecento come Giovanni Maffina di Chiuro e poi della sua famiglia là formatasi, una testimonianza viva e diretta, drammatica ma esemplare, dei problemi ma anche dei successi di questa emigrazione, dura e rischiosa, ma affrontata con coraggio e spirito di sacrificio, con determinazione e intelligenza veramente straordinari.

Già presentando il volumetto che raccoglieva gli atti del seminario su questo tema tenutosi a Milano presso l'Università degli Studi (edito dal Museo Etnografico Tiranese, come Gli Italiani nel Quinto Continente. L'emigrazione valtellinese in Australia, a cura di F. Lucchesi, Sondrio, 2007) mi soffermavo sulla genesi e sui caratteri che l'emigrazione valtellinese aveva assunto nella seconda metà dell'Ottocento, e come gli studi che via via venivano alla luce (come quelli di cui si dava conto in quell'occasione, ma non soltanto) stessero illuminando in modo nuovo un tema che fino a poco prima si era soliti considerare secondo una consolidata, ma non sempre corretta, prospettiva pauperista, e invece mostrassero una realtà assai più complessa e variegata, in cui motivazioni e condizioni di diverso genere e natura si intrecciavano nel produrre modalità di emigrazione e situazioni di integrazione riuscita o mancata fra loro assai differenti, e per nulla prevedibili a priori, ma legati invece a processi storici generali e a vicende strettamente personali fra loro inestricabilmente intrecciati, a loro volta capaci di produrre esiti individuali e collettivi fra loro diversissimi. Non ripeterò quanto scritto allora, se non per ricordare che da questi studi sta emergendo un quadro nel quale il vecchio assioma di Fernand Braudel (1949) che la montagna sia stata, in Età Moderna, una fabbrica d'uomini ad uso altrui doveva essere inteso in modo del tutto nuovo: non più soltanto fabbrica di uomini di fatica disposti a tutto pur di sfamare se stessi e le proprie famiglie, ma vivaio di persone dalle più differenti professionalità , dalla forza fisica ma anche dall'istruzione e dall'intelligenza se non superiori spesso più allenate di quanto non avvenisse nelle apparentemente più favorite pianure, dove, spesso, l'intero mondo dei contadini era dominato dal campanile del villaggio.

Questa visione è entrata anche negli studi sulla Valtellina, che pure ha sofferto, nell'Ottocento, due gravissime crisi di sussistenza che hanno provocato vere e proprie ondate di emigrazione da miseria: la prima nel terribile periodo napoleonico (protrattasi fino alla carestia del 1817), con esodo (peraltro prevalentemente temporaneo) di interi nuclei famigliari verso la Lombardia centrale; la seconda negli anni Cinquanta, allorché una terribile malattia della vite, come l'oidio, aveva quasi azzerato il vero fondamento dell’economia della Valle, la produzione vitivinicola (ridotta, per qualche anno, di più del 90%), e provocato una grande miseria (che aveva avviato, di fatto, le migrazioni verso l'Australia). Crisi forse senza precedenti, senz'altro senza ripetizioni. Invece, l'emigrazione vera e propria, come la conosciamo oggi, inizia con gli anni Ottanta, in seguito alla definitiva integrazione della Valtellina nella nuova Italia unita che si sta avviando, pur faticosamente e parzialmente, alla sua modernizzazione economica e sociale. Ma, in effetti, l'emigrazione valtellinese (e valchiavennasca) aveva assunto nel passato, e ancora manteneva nell'Ottocento e nel Novecento, altri caratteri strutturali, qualitativi e quantitativi, perfettamente allineati a quelli propri del paradigma revisionista dell'emigrazione alpina: correnti migratorie dirette alle più diverse mete territoriali, italiane e straniere, caratterizzate dalle più varie professionalità (di matrice rurale e urbana), dalle più varie provenienze geografiche (dai villaggi d'altura agli insediamenti di fondovalle) e origini sociali (dagli aristocratici e proprietari terrieri ai borghesi più o meno istruiti e agiati ai contadini più diseredati).

Dunque, gli studi sulle migrazioni hanno viepiù individuato situazioni fra loro diverse, perfino contraddittorie, nelle quali i temi di ricerca si sono ampliati, diversificati, aperti a filoni nuovi, indicando piste di studio, utilizzando fonti, applicando strumenti d'indagine radicalmente nuovi, sui quali, del resto, Flavio Lucchesi ha esercitato la sua acuta acribia e dei quali ha dato un brillante saggio applicativo. Dunque non mi soffermerò troppo a lungo sui contenuti del volume, a proposito dei quali dirò soltanto che l'autore ha esplorato, per più di tre lustri, a fondo e con tenacia, numerose fonti d'archivio e di stampa, in Italia e in Australia, ricostruendo come meglio non sarebbe possibile flussi, provenienze e destinazioni, interpretandone motivazioni, modalità e fasi di partenza e di svolgimento, mezzi di viaggio e catene migratorie famigliari e paesane, gettando una luce nuova, intensa e diffusa su un fenomeno finora conosciuto, come già si diceva, quasi soltanto per episodi singoli e casuali. Credo che di più non si possa fare, a proposito delle fonti ufficiali e no, almeno per quanto riguarda l'azione di un singolo studioso: è possibile, invece, che proprio studi come questo risveglino l'interesse della nostra gente, la spingano a tirare fuori dalle cassapanche e dagli armadi le testimonianze dell'emigrazione che ancora rimangono e non sono state valorizzate. L'esempio delle memorie dell'ormai anziana signora Ersilia Maffina Enright (la Elsie del libro), pubblicate nel volume poco sopra menzionato, ne sono l'esempio più interessante finora noto, ma forse destinato a non restare isolato. O almeno lo speriamo !

Accanto all'esplorazione spesso pionieristica delle fonti ufficiali e della stampa, Flavio Lucchesi ha praticato ampiamente e secondo il suo squisito tratto personale anche l'incontro e la conoscenza delle persone che, nel tempo e secondo le loro diverse fasi dell'esistenza hanno conosciuto e compiuto modi e forme diverse di migrazione, verso l'Australia e di ritorno in patria, oppure discendenti più o meno prossimi di chi tale viaggio ha compiuto: persone incontrate in quel lontano continente o in Valtellina, ma tutte segnate nella loro esistenza passata o presente da quell'esperienza e dalle sue conseguenze, nel dolore del distacco e nella speranza per il futuro, nella fatica e nella soddisfazione, nel successo e nell'insuccesso; insomma, nel bene e nel male che l'atto dell'emigrare comporta di per sé. Particolarmente toccanti i racconti degli anziani e delle anziane, incontrati nelle loro abitazioni o in casa di riposo: vite vissute fino in fondo, esperienze belle e brutte, storie di affetti e di rimpianti, di partenze e ripartenze, di arrivi e di stanziamenti provvisori o definitivi: storie di vite degna ognuna di essere ricordata e narrata.
Storie anche di grandi (e meritati !) successi famigliari e personali, come quelli dei valtellinesi (nati rispettivamente a Cologna e a Lovero) John Panizza, costruttore e impresario edile, Carla Zampatti, la leggenda vivente della moda australiana e donna di grande prestigio pubblico e privato, e Paul Omodei (nato in Australia da genitori di origine valtellinese), importante uomo politico a livello federale, già parlamentare e ministro, cresciuto in una famiglia di agricoltori.

Inoltre, l'autore ha sottoposto a diverse categorie di soggetti (emigranti di prima, seconda e terza o più generazione) dei questionari che consentissero loro di illustrare e fors'anche, invitati a farlo, di aiutare a comprendere meglio essi stessi, le loro scelte esistenziali, le loro condizioni di australiani venuti da lontano e, al contempo, di valtellinesi lontani dalla terra d'origine, e quanto ciò conti nella loro vita di tutti i giorni, ma anche definirne (o aiutare a farlo) personalità e costumi, appartenenze e aspirazioni. Com'era naturale attendersi, le risposte dei tre gruppi di intervistati sono state diverse fra loro, talora molto diverse: il ricordo e l'attaccamento alla patria lontana (più alla Valtellina che all'Italia, naturalmente, bisogna pur dirlo) è forte negli emigrati di prima generazione, e cioè in coloro che hanno lasciato di persona e da poco tempo la terra d'origine; molto meno tali sentimenti sono presenti negli australiani - ormai sono e si considerano tali - discendenti da valtellinesi emigrati già molti decenni fa, e nati o trasferiti in quel lontano Paese da piccoli: per loro la Valtellina è un'entità geografica lontana, a qualcuno nota di persona, ad altri soltanto tramite i racconti dei genitori, ma mai una presenza veramente importante nella loro vita e nella loro cultura. Ancora meno, in alcuni niente affatto, la terra degli avi è presente nell'esistenza dei nipoti e dei pronipoti di coloro che lasciarono la valle dell'Adda tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento: in molti non sopravvive neppure la curiosità di conoscere quella terra lontana, quei remoti, sconosciuti e ormai estranei parenti. Simile è la sorte della lingua madre: sia essa il dialetto del villaggio o del borgo d'origine, spesso parlato in famiglia fino alla seconda generazione o l'italiano appreso a scuola e usato in Australia soltanto per comunicare con italiani provenienti da altre regioni, e a corto d'inglese.

Da tutte queste assai numerose e assai diverse testimonianze emergono comunque, come ricorda lucidamente l'autore, alcune costanti: la positività da tutti rappresentata della scelta di partire da casa e di dirigersi verso l'Australia; la soddisfazione per i risultati là conseguiti e per la posizione raggiunta, quasi per tutti migliore non solo di quella di partenza, ma perfino di quella attesa; la difficoltà di apprendere la lingua - per così dire sul campo, per gli immigrati di prima generazione - ma poi il piacere di parlarla, in famiglia e fuori; la conseguita integrazione nella società locale, nonostante le difficoltà incontrate, specie da parte di chi era giunto in tempi lontani e difficili; la grande mobilità fra Valtellina e Australia, sia dei singoli che delle famiglie, i cui membri hanno a turno varcato l'oceano, creando una sorta di continuità spazio-temporale fra i due lontani paesi; i sentimenti di chi è nato là da genitori colà nati si sente soltanto australiano, neppure sempre curioso delle ormai lontane origini valtellinesi. Tutto ciò non deve, naturalmente, far dimenticare le vicende di chi non ha vissuto positivamente l'emigrazione o non ne ha tratto i benefici sperati, o di chi, perfino, l'ha vissuta tragicamente: ma si tratta di storie che, fatalmente, i protagonisti hanno portato con sè, e che i discendenti non sempre conoscono o valutano nella loro reale e dolorosa consistenza. Ma ciò non toglie che l'esperienza collettiva dell'emigrazione valtellinese in Australia - così com'è possibile ricostruirla oggi, tramite tutte le fonti disponibili, individuali e collettive -  appaia un'esperienza positiva, anzi, largamente positiva, che ha ripagato degnamente chi ha avuto la volonà e il coraggio di compierla.
Questo insieme di rilievi ci sollecitano, infine, una considerazione: se non si vorranno perdere i legami fra la Valtellina e coloro che, nel tempo, sono emigrati in Australia o i loro discendenti - legami da preservare per ragioni di affetto, solidarietà , riconoscenza, cultura, perché no, affari - bisogna che tutti i valtellinesi, e soprattutto coloro che gestiscono la cosa pubblica, si impegnino a mantenere o a riattivare, se del caso, dei rapporti che rischiano invece di allentarsi e poi di svanire, come le testimonianze di nipoti e pronipoti degli emigrati dimostrano.


Un libro come questo di Flavio Lucchesi mi pare, dunque, un ottimo mezzo per contrastare questo oblio, anzi, di più, per rafforzare quei legami che l'iniziativa di dare ad esso vita ha dimostrato esistere e voler seguitare a farlo. I metodi di studio, il modo di utilizzare le fonti e di farle parlare - le ricostruzioni storiche e sociali dei contesti di partenza e di arrivo, le vicende dell'integrazione in Australia ma anche il mantenimento dei legami con la terra natia, le difficoltà e le riuscite, la ricostruzione approfondita e puntigliosa ma anche aperta e lungimirante delle vicende dell'emigrazione valtellinese in Australia - fanno dunque di questo volume, a mio avviso, un vero e utile modello di indagine, cui non potranno non ispirarsi gli studi successivi, siano essi inchieste pubbliche, tesi di laurea o indagini accademiche, i quali potranno mettere a frutto i suggerimenti metodici e l'esperienza di studio in esso applicati, magari proprio completando l'indagine sulle fonti che Flavio Lucchesi ha dovuto giocoforza utilizzare soltanto per campioni parziali, benchè assai significativi: siano essi i dati anagrafici dei numerosi comuni valtellinesi interessati da questa emigrazione (cui, nel secondo dopoguerra, se ne sono aggiunti alcuni della Valchiavenna), i fondi del Ministero degli Esteri, i registri navali e le registrazioni degli sbarchi, i fondi di polizia e anagrafici australiani, ed altro ancora: non escluse, ovviamente, ma anzi grandemente cercate e indagate, le fonti individuali, le lettere e le rimesse dei migranti, le testimonianze dirette e indirette delle vicende dell'emigrazione, i reperti materiali di questi rapporti transoceanici, che siano oggetti o ricordi riportati da colà o colì inviati da chi era rimasto in patria. Per questo motivo l'autore, d'accordo con chi questi studi ha promosso e finanziato nei lustri passati, ha deciso di uscire dagli ambiti in cui il libro sarebbe, di fatto, confinato se fosse pubblicato da un'editrice esclusivamente universitaria, ed ha perciò puntato su un editore nazionale che a questi temi dedica molta attenzione,
In questo modo il volume, proprio per i caratteri di interesse generale (e cioè per la storia dell'intera emigrazione italiana ed europea, e non soltanto valtellinese o lombarda) che presenta, collocato nella collana di una casa editrice di importanza nazionale, che ne consente la diffusione al di fuori dell'ambito degli specialisti e di quello locale, può essere più utilmente - e forse più correttamente - portato alla conoscenza del grande pubblico che, dei fenomeni dell'emigrazione italiana all'estero oltre che di quella straniera in Italia, dovrebbe oggi farsi maggiormente consapevole.

Guglielmo Scaramellini
Chiavenna, 9 gennaio 2010

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Augusta Ferrari
L'emigrazione valtellinese in Argentina tra il XIX e il XX secolo

Con la Valtellina nel cuore
Qualunque sia il punto di vista da cui lo si vuol analizzare un fatto, è certo: l'emigrazione appartiene alla storia della Provincia di Sondrio e quindi alle radici di ciascun valtellinese e valchiavennasco. Un fenomeno storico comune a molte valli alpine e oggetto di molti studi e di altrettanto numerose analisi che non hanno però tolto a questo aspetto della nostra tradizione il valore e il fascino di sempre. Almeno in chi conserva dentro di sè il gusto della curiosità e dell'intelligenza emotiva, motore e spinta di ogni progresso umano.
La fantasia, i sogni, l'immaginazione più della triste realtà rappresentano in questa tesi i protagonisti indiscussi e neppure troppo nascosti. L'autrice è attratta dai tanti risvolti umani che si celano dietro alla decisione di lasciare la propria terra in cerca di lavoro e di libertà .
I sogni di coloro che tentarono la fortuna oltreoceano si miscelano con sapiente curiosità con la fantasia dell'autrice che cerca di immaginare i pensieri, le speranze e i timori di quanti scelsero una terra lontana per dare corpo alle proprie speranze e sfuggire ad una condizione materiale troppo spesso dura e limitante. Chi non ha mai fatto i conti né per ragioni di vita né per motivi di studio con l'amore verso la propria terra troverà in queste pagine stimoli nuovi e invero straordinari. La lettura di questo testo consente al lettore di comprendere con occhi nuovi fenomeni che appartengono sì alla storia dell'uomo, ma che ogni epoca e soprattutto ogni osservatore vive in maniera differente e unica.

Ecco quindi che l'unicità e la centralità della persona umana emerge fino a contrastare l'immagine di un fenomeno troppo spesso descritto in maniera indistinta come un mero accadimento di natura sociale o economico. I racconti e le memorie di quanti decisero di vivere sotto un altro cielo si esprimono in un mix coinvolgente fatto di rigorosa ricerca scientifica e di emotività che trae linfa dal profondo rispetto nei confronti di tanti uomini e donne che hanno vissuto sulla propria pelle la non facile condizione di emigranti.
Le storie riportate sono definite di "ordinaria emigrazione" eppure nella loro semplicità sanno coinvolgere il lettore grazie ad uno stile sobrio e al tempo stesso elegante.
Non è difficile per il lettore lasciarsi trasportare dalla fantasia e immaginare con quale stato d'animo si saliva a bordo verso una terra sconosciuta e senza alcuna certezza del domani e del proprio destino. E' ammirevole pensare che si può vivere immersi nella modernità e nella società contemporanea con tutte le sue innovazioni e con la stessa curiosità volgere lo sguardo ad un pezzo della nostra storia. O forse è proprio questa apparente distanza ad alimentare la voglia di riscoprire in un percorso interiore le nostre radici.

Alberto Pasina
Assessore all'Emigrazione della Provincia di Sondrio

Un nuovo libro si aggiunge alla collana delle pubblicazioni del Centro provinciale di documentazione dell'emigrazione e per la seconda volta riguarda l'emigrazione dalle nostre valli verso l'Argentina. Ne è autrice una giovane tiranese, Augusta Ferrari, che allo studio dell'argomento aggiunge la peculiarità di una diretta esperienza in Argentina sulle tracce dei parenti emigrati nel secolo scorso nel pù¹ italiano dei paesi sudamericani.
Si tratta di una ricerca condotta con impegno e serietà , tanto da essersi meritata nel 2008 il Premio Arturo Schena assegnato annualmente dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese in memoria del presidente che con la sua guida lungimirante ha posto le premesse dello sviluppo che ha caratterizzato la storia recente dell'Istituto. All'assegnazione del premio ha concorso la tesi con cui l'autrice ha conseguito la laurea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Milano, ma il lavoro pubblicato è una rielaborazione arricchita da successivi approfondimenti, verifiche ed elaborazioni, che l'autrice ha condotto con passione e desiderio di completezza. Questa prima fatica della giovane autrice merita dunque di essere proposta agli interessati all'argomento e di contribuire alla conoscenza e alla divulgazione della storia della nostra emigrazione. La pubblicazione vede le stampe grazie al sostegno economico del Museo Etnografico Tiranese e della Fondazione Gruppo Credito Valtellinese. La presentazione è stata affidata al neo Assessore provinciale all'Emigrazione Alberto Pasina al quale formuliamo le congratulazioni per la nomina e i migliori auguri per un proficuo lavoro, ricordando che fu suo padre, in qualità di presidente della Provincia, a inaugurare a Tirano il Monumento agli emigranti valtellinesi e valchiavennaschi nel mondo, nell'ormai lontano 1994.

Bruno Ciapponi Landi
Direttore del Centro provinciale di documentazione dell'emigrazione 

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Flavio Lucchesi
Gli Italiani nel quinto continente. 

L'emigrazione valtellinese in Australia

Atti del seminario di studio (Milano. Università degli Studi, 25 gennaio 2006) a cura di Flavio Lucchesi, con la presentazione di Guglielmo Scaramellini, i contributi di Flavio Lucchesi, Piero Genovesi, Bruno Ciapponi Landi.

Un altro libro va ad arricchire la collana curata dal Centro provinciale di documentazione dell'emigrazione, con l'apporto costante dell'Assessorato all'emigrazione della Provincia.
Si tratta della pubblicazione degli atti del seminario sull'emigrazione valtellinese in Australia tenuto presso l'Università degli Studi di Milano nel gennaio dello scorso anno, ed anche di una nuova significativa tappa nella marcia intrapresa per recuperare gli anni perduti nella ricerca storica sul secolare fenomeno migratorio nelle valli dell'Adda e della Mera.
Documentare l'emigrazione in tutti i suoi aspetti e divulgare i risultati è un dovere per chi ha il compito e la responsabilità della ricerca, ma è anche un mezzo per raggiungere quei nostri emigranti ( e sono molti) che ancora conservano un rapporto affettivo con la terra d'origine e un modo per raggiungere i loro discendenti che sempre più numerosi chiedono informazioni sui paesi da cui provengono i loro antenati emigrati e notizie sull'origine delle loro famiglie. Tenere vivo questo legame, con il valore morale che testimonia - al tempo stesso- un dovere e un compito gradito.

Mauro Rovaris
Presidente del Museo Etnografico Tiranese 

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Jacqueline Templeton
Dalle montagne al bush

L'emigrazione valtellinese in Australia (1860-1960) nelle lettere degli emigranti (2a ed. con i testi delle lettere)

La pubblicazione di questo lavoro conclude e corona un progetto nato nell'ambito delle ricerche di una coraggiosa e valorosa docente dell'Università di Melbourne, Jacqueline Templeton, che non ha esitato a dedicare tutto il suo impegno allo studio della nostra emigrazione in Australia, scegliendo di farlo attraverso l'esame delle lettere familiari, malgrado le difficoltà derivanti dal loro reperimento, dalla diversità della lingua e dalle distanze fra la sua sede di lavoro e il campo di ricerca.
Quando il progetto della prof. Templeton iniziava a concretarsi con il suo primo arrivo in Valtellina, l'Amministrazione Provinciale aveva appena concluso la messa a punto di quell'articolato programma biennale di iniziative di studio e ricerca sull'emigrazione valtellinese e valchiavennasca che si sarebbe concluso con l'inaugurazione del Monumento agli emigranti e la costituzione del Centro provinciale di documentazione dell'emigrazione presso il Museo di Tirano.
I due progetti erano nati per incontrarsi e si incontrarono, nel quadro di una collaborazione esemplare, rispettosa degli ambiti e delle competenze, non meno che delle esigenze operative e della necessaria concretezza.
La prof.ssa Templeton ha condotto e concluso, come aveva ideato, il suo lavoro sulle lettere degli emigranti, ma dal primo incontro fino alla sua morte è stata anche la più autorevole consulente del Centro provinciale di documentazione e della Provincia stessa. Quando le fu offerto un giusto concorso nelle spese che andava sostenendo personalmente per la ricerca, fu recisa nel rifiutare affermando che eventuali risorse sarebbero state meglio impiegate nella pubblicazione conclusiva del suo studio.
Questa pubblicazione salda quindi un debito morale di riconoscenza e, al tempo stesso, costituisce un dono concreto: il risultato del lavoro appassionato della prof. Templeton, che ripercorre le strade della nostra emigrazione in Australia attraverso le lettere degli emigranti, cioè con le parole stesse dei protagonisti, gli emigranti.
Di ciò siamo grati alla memoria della studiosa e a quanti hanno contribuito a portare a conclusione il suo progetto.

Carlo Fognini 
Assessore all'Emigrazione della Provincia di Sondrio
Carlo Pansoni
Presidente dell'Associazione Emigranti Valtellinesi

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Daniela Larraburu
L'emigrazione valtellinese e valchiavennasca in Argentina

I risultati della prima ricerca sull'argomento.

Questo libro parla di persone e di valori, di uomini e donne che hanno lasciato la loro terra per cercare fortuna oltreoceano e che hanno portato con sé i valori della nostra valle. L'onestà , la tenacia, il sacrificio, il senso del dovere hanno contraddistinto i nostri emigranti che in Argentina, come altrove, hanno lavorato per costruire un futuro per sè e i propri figli, senza mai dimenticare i luoghi e gli affetti che hanno dovuto lasciare.
Sen. Fiorello Provera, Presidente della Provincia di Sondrio

Questo volume non vuole solo celebrare, in un momento d'emozione dettato dall'attualità contingente (...), l'emigrazione verso l'Argentina, ma apre un ponte di affetti e vicinanza verso i numerosi convalligiani che nel passato hanno dovuto trovare fortuna in altre terre, affrontando distacchi affettivi, scontri culturali e rischiosi viaggi. E questa iniziativa rimarca il legame che unisce ancora oggi i loro discendenti alla nostra terra, ai più sconosciuta se non attraverso i racconti degli avi, e che a sua volta è stata capace di non dimenticare.
Carlo Fognini, Assessore all'Emigrazione della Provincia di Sondrio
 
Questo volume presenta i risultati di una ricerca che l'Amministrazione Provinciale di Sondrio insieme alla Fondazione ISMU(Iniziative e Studi sulla Multienticità , hanno deciso di realizzare sugli emigrati della Provincia di Sondrio che hanno lasciato l'Italia per andare a vivere in Argentina dalla metà del 1800 a nostri tempi.
Marco Lombardi, Fondazione ISMU  

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Jacqueline Templeton
Dalle montagne al bush

L'emigrazione valtellinese in Australia (1860-1960) nelle lettere degli emigranti (1a ed.)

La pubblicazione di questo lavoro conclude e corona un progetto nato nell'ambito delle ricerche di una coraggiosa e valorosa docente dell'Università di Melbourne, Jacqueline Templeton, che non ha esitato a dedicare tutto il suo impegno allo studio della nostra emigrazione in Australia, scegliendo di farlo attraverso l'esame delle lettere familiari, malgrado le difficoltà derivanti dal loro reperimento, dalla diversità della lingua e dalle distanze fra la sua sede di lavoro e il campo di ricerca.
Quando il progetto della prof. Templeton iniziava a concretarsi con il suo primo arrivo in Valtellina, l'Amministrazione Provinciale aveva appena concluso la messa a punto di quell'articolato programma biennale di iniziative di studio e ricerca sull'emigrazione valtellinese e valchiavennasca che si sarebbe concluso con l'inaugurazione del Monumento agli emigranti e la costituzione del Centro provinciale di documentazione dell'emigrazione presso il Museo di Tirano.
I due progetti erano nati per incontrarsi e si incontrarono, nel quadro di una collaborazione esemplare, rispettosa degli ambiti e delle competenze, non meno che delle esigenze operative e della necessaria concretezza.
La prof.ssa Templeton ha condotto e concluso, come aveva ideato, il suo lavoro sulle lettere degli emigranti, ma dal primo incontro fino alla sua morte è stata anche la più autorevole consulente del Centro provinciale di documentazione e della Provincia stessa. Quando le fu offerto un giusto concorso nelle spese che andava sostenendo personalmente per la ricerca, fu recisa nel rifiutare affermando che eventuali risorse sarebbero state meglio impiegate nella pubblicazione conclusiva del suo studio.
Questa pubblicazione salda quindi un debito morale di riconoscenza e, al tempo stesso, costituisce un dono concreto: il risultato del lavoro appassionato della prof. Templeton, che ripercorre le strade della nostra emigrazione in Australia attraverso le lettere degli emigranti, cioè con le parole stesse dei protagonisti, gli emigranti.
Di ciò siamo grati alla memoria della studiosa e a quanti hanno contribuito a portare a conclusione il suo progetto.

Diego Pini
Assessore all'Emigrazione della Provincia di Sondrio
Carlo Pansoni
Presidente dell'Associazione Emigranti Valtellinesi

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AAVV. Valli alpine ed emigrazione

Studi, proposte, testimonanze

La pubblicazione di questo volume è un contributo agli studi dell'emigrazione sulle Alpi e costituisce un punto fermo sul cammino della ricerca da poco intrapresa su quella valtellinese e valchiavennasca, componente storica certamente non secondaria dell'economia provinciale con riflessi sociali altrettanto importanti e tuttora poco indagati.
Le ricerche hanno preso avvio nel 1993 con l'Anno dl studi indetto come preparazione all'inaugurazione del monumento eretto l'anno seguente a Tirano dalla comunità provinciale come tributo di stima e di affetto della terra d'origine per gli emigranti valtellinesi e valchiavennaschi nel mondo. Ora continuano con il coordinamento organizzativo del Centro di documentazione costituito presso il Museo Etnografico Tiranese.
Meritano di essere ricordati a questo proposito gli studi in corso sulle lettere dei nostri emigranti della prof. Jacqueline Templeton del Dipartimento di Storia dell'Università di Melbourne, la cui collaborazione con il museo fu valida premessa al viaggio di studio che diede occasione al dottor Flavio Lucchesi di porre le basi che condussero all'accordo di collaborazione fra gli Istituti di Geografia dell'Università degli Studi di Milano e del Western Australia di Perth, iniziativa seguita con interesse anche dall'Ambasciata australiana in Italia.
La pubblicazione di questo libro, che ha radici nell'anno di studi promosso per richiamare l'attenzione su un argomento tanto importante quanto trascurato della nostra storia, assolve ora l'impegno della divulgazione offrendo agli interessati una valida occasione di conoscenza e di documentazione.
La Provincia si unisce volentieri al ricordo del senatore federale John Panizza alla cui memoria è dedicato questo volume e vede nel sostegno delle ricerche che gli stavano a cuore, il modo migliore per onorarlo e per ricordare il suo affetto per la valle d'origine.

Pietro Biavaschi 
Assessore provinciale all'emigrazione
Enrico Dioli 
Presidente della Provincia 

Questo volume riunisce le relazioni e le comunicazioni presentate nel convegno sull'emigrazione nelle valli alpine tenuto a Tirano nel 1996 quale VI edizione degli "Incontri tra/montani" fra gruppi e centri di ricerca etnografica nell'arco alpino.
Per questa ragione i contributi che vi compaiono non riguardano esclusivamente l'emigrazione provinciale, ma anche quella di altre valli montane.
Il convegno del 1996 ha rappresentato un momento importante di approfondimento della tematica che era stata affrontata per la prima volta organicamente in occasione del convegno svoltosi nel settembre del 1994 nell'ambito delle manifestazioni inaugurali del monumento agli emigranti. Di quel primo convegno abbiamo voluto figurasse in questo volume, per le sue caratteristiche di chiarezza, di magistrale introduzione all'argomento e di supporto per la ricerca, il contributo del prof. Guglielmo Scaramellini sullo stato e sulle
prospettive degli studi, che aveva carattere di prolusione. Tanto più che tali
prospettive hanno avuto un seguito immediato che si è concretato nell'accordo di collaborazione fra gli Istituti di Geografia delle Università degli Studi di Milano e del Western Australia di Perth per lo studio della nostra emigrazione alla cui presentazione è stata risevata la prima giornata del convegno del 1996.
La pubblicazione di questi atti vede anche uniti nella collaborazione l'Associazione Emigranti Valtellinesi di Chiuro, che rappresenta in provincia le varie associazioni operanti all'estero e il Museo Etnografico Tiranese, promotore del Centro provinciale
di documentazione sull'emigrazione e animatore delle sue iniziative.
L'attività di ambedue i sodalizi à resa possibile in modo particolare dal sostegno economico e di indirizzo dell'Assessorato provinciale all'emigrazione, con il quale ambedue operano da anni in stretta e proficua collaborazione e di altri benemeriti Enti e Istituzioni fra cui la Regione Lombardia, ai quali tutti vogliamo esprimere in questa occasione il vivo apprezzamento per il sostegno accordato.

Carlo Pansoni
Presidente dell'Associazione Emigranti Valtellinesi
Mauro Rovaris
Presidente del Museo Etnografico Tiranese
 

Mobirise

AAVV. Libero della Briotta (1925-1985)

Studi, proposte, testimonanze

La pubblicazione di questi scritti di Libero Della Briotta intende onorare la memoria del valtellinese che, più d'ogni altro, ha caratterizzato la sua azione politica, di parlamentare e di uomo di governo, nella difesa degli emigranti italiani, forte dell'esperienza maturata nella difesa dei lavoratori valtellinesi e valchiavennaschi all'estero.
Libero Della Briotta fu deputato al Parlamento nazionale e in tale veste membro attivo di varie commissioni, fu parlamentare europeo e membro del Consiglio d'Europa. Divenne senatore e fu sottosegretario agli Esteri, con la delega dell'emigrazione. Quando morì ricopriva la carica di vicepresidente del Senato della Repubblica ed era sindaco di Ponte in Valtellina. Era anche presidente della Società Filarmonica, la più vecchia associazione culturale del paese e aveva mantenuto saldi rapporti sia con il mondo della scuola in cui
era stato un personaggio significativo e innovatore, sia con l'ambiente delle
cooperative di frutticoltori in cui suo padre era stato pioniere.
I funerali permisero di vedere, al di là della inevitabile ufficialità e delle attestazioni formali, l'affetto che circondava la sua persona, testimoniato anche
dalla commozione sincera di molti "avversari".
Sulla sua tomba nel piccolo cimitero presso il santuario di Sazzo, sono riportati
questi versi del nostro poeta Giovanni Bertacchi: "il carro oltre passò d'erbe ripieno / e ancor ne odora la silvestre via/ sappi fare anche tu come quel fieno/ lascia buone memorie anima mia".
Siamo convinti che l'iniziativa di questa pubblicazione contribuir‡ a testimoniare
il buon ricordo che Libero Della Briotta ha lasciato di sé - nella sua valle e fuori di essa - e, insieme, la nostra riconoscenza per la sua intensa e appassionata opera di uomo politico e di pubblico amministratore.

Sondrio, dicembre 1998
Pietro Biavaschi 
Assessore provinciale all'emigrazione
Enrico Dioli

L'idea di testimoniare con una pubblicazione la riconoscenza degli emigranti per la memoria del senatore Libero Della Briotta, proposta alla Consulta Provinciale
per l'Emigrazione dall'Associazione Emigranti Valtellinesi e fatta propria dalla Provincia, si concreta ora in questa edizione curata dal Centro di documentazione sull'emigrazione del Museo Etnografico Tiranese.
Il progetto originario di riproporre attraverso una ristampa anastatica gli scritti di Libero Della Briotta sull'emigrazione, pubblicati nei due opuscoli riprodotti in questo libro, è parso meritevole di qualche integrazione. In particolare di uno scritto introduttivo sul personaggio e di una documentazione, sia pure parziale, della sua attività pubblica.
Vi abbiamo provveduto con il "Ricordo" di Giulio Spini, l'introduzione delle schede -biografica e bibliografica -, di una testimonianza della vedova e del corredo fotografico tratto dall'archivio familiare.
Gli originali degli opuscoli riprodotti sono stati forniti dalla Biblioteca Comunale di Ponte in Valtellina. Il loro valore documentale ha indotto a riportarli senza alcuna omissione. Per questo sono stati conservati anche i riferimenti di carattere partitico, a loro volta testimonianza del tempo.

Bruno Ciapponi Landi

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Associazione
Emigranti
Valtellinesi

via Stelvio 1 - Casella Postale 23
23030 Chiuro (SO)
emigrazionevaltellinese@gmail.com

Centro di Documentazione sull'Emigrazione 

piazza Basilica, 30
23037 Madonna di Tirano (SO)
museo@museotirano.it